Il mio NO di Lotta e di Speranza.

I plichi devono arrivare in Consolato entro il 1 Dicembre e mancano soltanto pochi giorni a quando gli italiani in Italia decideranno se approvare oppure no la revisione di 47 articoli della Costituzione Italiana.

Il mio è stato un NO di Lotta e di Speranza, che metto per iscritto a futura memoria

Immersi in una campagna estenuante e per molti versi mortificante, pregna del populismo più becero, d’opposizione ma anche di governo, col Comitato per il NO – UK & Ireland abbiamo provato a portare una voce diversa, argomentando con precisione e pacatezza le nostre ragioni per votare NO, senza fare sconti alla propaganda governativa spesso sleale e quasi sempre intellettualmente disonesta, ma senza contribuire in nulla al pessimo clima che maturava in Italia.

Un gruppo di volontari appassionato e competente ha difeso con tigna e generosità umana ed economica le ragioni del NO tra gli italiani residenti nelle due isole britanniche, portandovi le autorevoli voci di tanti amici impegnati in Italia in questa battaglia: Francesca Fornario, Simone Oggionni, Felice Besostri, Michele Piras, Mapi Pizzolante, Marco Cucchini, Giulia Sarti, Giulio Cavalli, Anna Falcone, Arturo Scotto e Pippo Civati. Un grazie sincero a tutti loro.roadmap

Insieme a loro anche io ho fatto quello che dovevo, onorando, in macchina, treno o aereo, l’impegno di tanti cittadini che hanno voluto organizzare dibattiti in oltre 10 città del Regno Unito. Sono stato a Coventry, Birmingham, Bristol, Manchester, Lancaster, Dublino, Edimburgo e ovviamente Glasgow e Londra.  A chiunque si sia impegnato per capire meglio su cosa si votasse e a tutti coloro che hanno lottato per difendere la nostra Democrazia Costituzionale va il mio più sincero ringraziamento. Io ce l’ho messa davvero tutta.manchester

Il mio è un NO convinto, ragionato, articolato, di metodo e di merito, a una riforma che non affronta nessuno dei problemi del Paese (dalla crisi economica e sociale passando per quella morale e culturale) e che anzi, lo ripiega in una discussione tanto autoreferenziale quanto superficiale e inutilmente polemica. Uno strazio lungo un anno, per un referendum di Ottobre che si terrà a Dicembre e che rischia di portarci al voto in primavera (soprattutto se vince il SÍ), monopolizzando per tutto questo tempo le energie migliori e l’attenzione dell’intero sistema politico del Paese. E per cosa?

La risposta sarebbe lunghissima ma voglio riassumere qui le ragioni che mi portano a dire che, davvero, #stavoltaNO. Sono tre:

  • La riforma è una forzatura inopportuna dalla legittimità precaria
  • Insieme alla legge elettorale è politicamente pericolosa
  • Si tratta di una brutta riforma, confusa e antistorica, un’accozzaglia di cose che non stanno insieme una con l’altra.

Una riforma inopportuna e dalla legittimità precaria

Nel Gennaio 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge elettorale (il Porcellum) con cui abbiamo eletto l’attuale Parlamento, e un Parlamento eletto con legge elettorale incostituzionale dovrebbe avere il buonsenso di non provare a modificare la Costituzione, figuriamoci riscriverne 47 articoli su 139, nel più grande stravolgimento della Carta Costituzionale in 68 anni di vita (offendendo lo spirito dell’articolo 138, scritto e pensato per modifiche puntuali della carta).

La sentenza della Corte, che trovate qui, avrebbe consigliato di tornare al voto per ricostituire un Parlamento rappresentativo ma si è voluto insistere con le riforme come scusa per tenere viva la legislatura (ci torno dopo). Arrivando all’assurdo di una riforma approvata col voto contrario di tutte le opposizioni (di destra, di sinistra e nè di destra nè di sinistra), ovvero solo dalla maggioranza di governo (361 voti alla Camera nell’ultima lettura),  maggioranza che non sarebbe nemmeno esistita senza il premio dichiarato incostituzionale che ha garantito al PD, anche grazie ai voti di SEL che non ha condiviso nulla di questo percorso, di avere 132 seggi in più. Il tutto al termine di un percorso parlamentare fatto di forzature regolamentari senza precedenti in un dibattito su una riforma Costituzionale. Siamo anni luce distanti dal percorso che portò all’approvazione a larghissima maggioranza (458 voti contro 62) della Costituzione nel 1948 da parte di un’assemblea costituente eletta con sistema proporzionale, senza sbarramento e con le preferenze, con un’affluenza di quasi il 90% degli aventi diritto.

Rendendosi conto della legittimità precaria di una riforma approvata in queste condizioni, sono gli stessi membri del governo a dire che solo il voto popolare nel Referendum può garantire la legittimazione necessaria della riforma. Ma allora perchè scrivere un’unica legge di revisione di 47 articoli, impedendo la formulazione di più quesiti su questo pacchetto di modifiche complesso ed eterogeneo? Come si può chiedere a un Paese stanco e sfiduciato dove l’astensione raggiunge livelli record, di esprimere un unico giudizio sulla riscrittura di aspetti molto diversi tra loro? Perchè trasformare in un plebiscito sulla figura del Presidente del Consiglio un voto che avrebbe invece dovuto essere quanto più libero possibile proprio in virtù del suo carattere costituente?

voto-1Un NO di Lotta a questo metodo osceno mi sembra doveroso.

Insieme alla legge elettorale è politicamente pericolosa

Si dice che il fine giustifichi i mezzi e dunque in tanti non si interessano della questione di metodo. Io invece credo che i mezzi prefigurino i fini, e queste riforme inopportune prefigurino e determinino scopi inopportuni. Basta ricordarsi da dove arrivano.  Dopo la sentenza della Corte del Gennaio 2014 Renzi, che da meno di un mese era divenuto segretario del PD (e aveva detto a Letta #enricostaisereno), capisce che ad andare al voto non vincerebbe e decide allora di andare al governo. Scrive, con Berlusconi, la nuova legge elettorale, l’Italicum, per assicurare con un ballottaggio nazionale la maggioranza a un solo partito, ma il vincolo costituzionale di eleggere il Senato su base regionale non garantisce una maggioranza monopartitica nella seconda Camera. Per aggirare il problema viene stralciata la parte dell’Italicum che riguarda il Senato (l’11 Marzo) e viene successivamente presentato un ddl di riforma costituzionale che rende il Senato non elettivo (presentato in Parlamento il 12 Aprile). Riforma elettorale e costituzionale sono dunque pensate e scritte per funzionare insieme, un’unica concezione delle stesse menti (D’Alimonte, Ceccanti etc). Definito “la legge elettorale che tutto il mondo ci invidierà”, l’Italicum diventa legge a colpi di fiducia ed è attualmente in vigore per la Camera dei Deputati.

L’Italicum prevede che i primi due partiti in un primo turno proporzionale accedano a un ballottaggio al cui vincitore viene assegnata la maggioranza assoluta dei seggi della Camera (340). Se votassimo con questo sistema saremmo l’unico paese al mondo ad eleggere in un unico giorno, con un’unica scheda e un unico tratto di penna sia il Capo del Governo che la maggioranza parlamentare, un sistema che non è mai esistito nella storia delle democrazie liberali e che snaturerebbe la natura parlamentare della Repubblica. Di fatto, con gli attuali rapporti di forza in Italia un partito che ha il 15-20% dei consensi tra i votanti (molto meno tra gli aventi diritto) potrebbe prendersi oltre il 54% dei seggi, in questo modo facendo peggio pure della legge Acerbo approvata per le elezioni del 1924 dal Governo Mussolini (prevedeva una soglia del 25% per fare scattare premio di maggioranza alla Camera, il Senato non era elettivo all’epoca).

Prese insieme queste riforme creano quello che è stato definito un premierato assoluto che non ha paragoni nel mondo, modellato per consegnare tutto il potere al partito di maggioranza relativa. Nel 2014 si pensava che questo sistema potesse favorire il PD visto che al ballottaggio sia Berlusconi che Grillo sembravano deboli (era l’anno del 40% alle europee). Due anni dopo, approvate le riforme con maggioranze sempre più raccogliticce (e l’aiuto di Verdini) si scopre che ai ballottaggi da Roma a Torino vince più o meno chiunque si candidi contro il PD. Di fatto l’accoppiata Italicum + Riforma Costituzionale è la strada maestra per eleggere un governo di protesta e antisistema, portandoci da un bicameralismo perfetto a un monocameralismo de facto con una camera eletta alla roulette (del ballottaggio).

Ora l’obiezione che viene posta su questo punto è che il referendum non è su questo e che tanto la legge elettorale possiamo #staresereni che verrà cambiata. Permettetemi di dubitare che Renzi, una volta ottenuto un SÍ al referendum, si adoperi per cambiare la legge. L’ego dell’uomo lo conosciamo e vinto un plebiscito ne chiederebbe un altro in tempi brevi, approfittando dello sbandamento delle opposizioni. Possiamo sperare nella Corte Costituzionale, che deve pronunciarsi su uno dei tanti ricorsi scritti dall’avvocato Besostri, nostro graditissimo ospite in una due giorni londinese. besostriMa dobbiamo per forza affidarci a dei giudici? Non possiamo per una volta avere un sussulto di dignità come popolo e usare il nostro voto per dire cosa pensiamo di un set di riforme pensato male e per le ragioni sbagliate?

Un NO di Lotta a questo tentativo di umiliare la democrazia e la rappresentanza ci vuole tutto.

Una riforma brutta e confusa

Se mi avete seguito fino a qui vi sarete chiesti, ma questo, qualche ragione di merito ne ha? Si, ne ho. Ne ho talmente tante, e ne ho parlato talmente tante volte, che non ce la faccio più nemmeno a metterle per iscritto. Sono stanco, stanchissimo, di dire che il nuovo Senato è un pasticcio indifendibile, che non si sa chi rappresenta, non si sa che deve fare, non si sa come farà a farlo, che il dopolavoro dei senatori che fanno pure i sindaci e i consiglieri regionali è una cosa non degna di un Paese civile, che l’elezione di 21 sindaci in Senato non ha alcun senso, nè logico, nè politico, che il Senato delle autonomie sarà inevitabilmente un bivacco per i capocorrenti regionali che faranno quello che gli diranno le segreterie dei partiti ed è un’accozzaglia malriuscita di modelli di altri Paesi europei. Dovrei argomentare meglio? Certo, ma sono esausto, si vota tra poco e in molti mi hanno già anticipato con contributi che condivido, come questo bellissimo e sintetico riassunto di Michela Cella, che l’ha scritto meglio di come sarei capace di fare io ora.

Io voglio solo concludere con un po’ di considerazioni politiche.

Conclusioni politiche

Ci hanno per mesi bombardato di propaganda vuota e intellettualmente disonesta. Ci hanno detto che le leggi si perdono tra infiniti palleggi tra Camera e Senato, ci hanno rintronato a forza di dire che dovevamo semplificare ed accelerare la produzione di leggi, ma la realtà delle cose è più semplice.numero-legginavette

Questa riforma è una costituzionalizzazione degli assetti di potere esistenti. Si rottamano i contropoteri di regioni, Senato e opposizioni (tramite legge elettorale) perchè sono gli ostacoli oggettivi all’esercizio dell’azione di un governo che non ha mai avuto capacità di sintesi e mediazione. All’interno di questo obiettivo strategico si opera una sorta di razionalizzazione delle istituzioni, razionalizzazione non priva di sublimi punte di irrazionalità (esempio: due maggioranze diverse per eleggere e rimuovere il Presidente della Repubblica – art.83 e 90 vedere per credere) ma che non risponde a nessuna spinta ideale. Sono riforme che, per dirla con chi ha più cura di me nella scelta dei termini non “abbattono steccati” né “superano antiche discriminazioni, non “ampliano lo spazio dei diritti di cittadinanza, né “accorciano le distanze tra governanti e governati” ma anzi vanno nella direzione opposta. E al primo compagnuccio che mi si appiglia ai referendum propositivi messi là tipo zuccherino auguro una lunga vacanza in Siberia.

Ho pieno rispetto delle tante persone che votano SÍ perchè sono sinceramente preoccupate dello stato del Paese e vorrebbero vedere un cambiamento di qualche natura ma questa riforma non è un passettino nella giusta direzione, è proprio un passo in quella sbagliata, di rendere meno solido il nostro sistema istituzionale in un momento storico in cui occorre grande solidità per reggere al vento della Storia. La Costituzione «è quella cosa che i popoli si danno quando sono sobri, a valere per quando saranno ubriachi». Viviamo tempi, difficili, emotivi e turbolenti, nel quale il mondo sembra in preda ad corbynun’ubriacatura collettiva e la nostra Costituzione, nella saggezza dei suoi equilibri e dei suoi bilanciamenti, è un argine importante a tutto quello che del mondo ci può fare paura.

E non sono trent’anni che parliamo di cambiarla, In trent’anni si è parlato alcune volte di riformare alcune cose diverse (leggete che ne pensa una firma autorevole del Corriere della Sera come Battista) e l’unica volta in cui è stato chiesto al popolo cosa ne pensava, su una riforma molto simile a questa secondo il Comitato Bastaunsi, il popolo ha detto NO. Correva l’anno 2006 e la riforma l’aveva fatta Silvio Berlusconi. Ah, per inciso, Napolitano e Renzi, votarono NO.

E il Brexit e l’Europa non c’entrano niente. Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, la cosa che assomiglia di più al voto per il Brexit è il SÍ.

Infine sul ricatto di Renzi. Qui siamo oltre la carità di patria. È scorretto sleale, misero e per molti aspetti pure miserabile mettere un Paese nelle condizioni di dovere scegliere in questo momento storico, tra tenersi il governo o la Costituzione. Governi e persone passano, ma le Costituzioni restano. È un ricatto bello e buono nel quale tanti amici stanno cadendo in buona fede. Ma non c’è nessun legame formale tra referendum e governo e la decisione di far dimettere Renzi la può prendere solo Renzi, che poi può pure decidere di rimanere segretario del PD, partito di maggioranza in Parlamento che potrà quindi scegliere calamandreiil suo successore. Per cui votate come vi pare, ma votate liberamente, perché non siete sudditi impauriti, ma cittadini sovrani.

La domanda che ci viene posta in fondo, è se dire SÍ alla solita Italia, che cede ai ricatti, che fa le cose fatte male, con pressapochismo, dettate dalla contingenza e senza una visione ideale in una resa intellettuale all’idea che meglio di così non riusciremo a fare e che ci dobbiamo accontentare, senza fare domande, senza quasi pensare.

Il NO allora diventa il voto di speranza, il voto di chi si ribella all’idea che il suo Paese sia ridotto a questa classe dirigente e non cede né ai ricatti né alla paura. Abbiamo una bella Costituzione che ci ha unito per oltre sessant’anni, una delle poche cose di cui essere tutti fieri. Vogliamo riscriverne un terzo in questo momento storico e postare nella Timeline della Repubblica il selfie di Renzi accanto alla foto di De Gasperi Nenni e Togliatti? Sentiremmo ancora come nostra una Costituzione scritta male, stravolta da una riforma approvata da un parlamento a legittimità precaria e approvata da un plebiscito che sta spaccando a metà il Paese? Io dico di NO.