[Diario di Viaggio] 5. Amsterdam

La cosa bella dell’Europa è che l’unico segnale quando attraversi un confine è il trillo del cellulare che ti annuncia il cambio di tariffe. Smetto di lavorare sulla connessione volante che ho trovato per sbiricare il titolo del libro di Agatha Christie in mano al biondo di fronte a me. In Olanda sono tutti più alti e pure un po’ più belli, parlano tutti inglese e sorridono spesso. Amsterdam è un gioiello, incastonata nelle acque, è un meccanismo efficiente di tram canali biciclette che si muovono in sincrono, quasi danzando.

L’Olanda non è un paese appetibile per presenza di iscritti AIRE, nessuno o quasi passa da qui per fare campagna e la presenza italiana è piuttosto invisibile nelle strade di Amsterdam. Quelli che incontro (studenti di dottorato, tutti iscritti AIRE!) valgono però il prezzo del biglietto e chissà, magari nascerà un circolo di SEL anche qui. Il piatto tipico olandese è una zuppa di piselli comunque rinfrancante e anche le Appletaart sono ottime.

Faccio un giro dei locali italiani, uno è chiuso, “e ora dove la mangiamo la pizza buona”, altri sono concentrati nella parte ovest della città. Ci sono posti che di italiano hanno solo la lingua del menù, in un altro mi fermerei a mangiare e a chiaccherare col gestore, poi alla fine c’è un simpatico cameriere napoletano che vorrebbe la rivoluzione a base di mazze e per questo voterà “Movimento 5 Stelle”. Ognuno c’ha le sue strategie elettorali, chi sono io per giudicare…

Si parte per Colonia scoprendo che l’alta velocità tedesco-olandese non contempla la WI FI, almeno in seconda.

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