La cultura è la chiave dello sviluppo economico e sociale di una nazione. L’Italia che non investe in cultura e’ l’altra faccia di un paese imbarbarito sul piano civile e sociale.
L’Italia è un paese ricchissimo in beni culturali e con una lunga tradizione di creatività (dalle arti all’artigianato): la cultura è il marchio distintivo del nostro paese e può essere il motore che lo farà uscire dalla crisi.
É di questi giorni la notizia del crollo di una parte del soffitto della Galleria degli Uffizi, uno dei musei italiani più visitati e famosi; ogni tanto sui giornali riaffiora la polemica sullo stato di abbandono dei notri siti archeologici, come Pompei, martoriata dai crolli, o Villa Adriana che solo una petizione internazionale ha salvato dal vedere una discarica costruita nei paraggi. La politica che destina soltanto lo 0,11% del PIL alla cultura è molto miope: significa non riuscire a garantire il mantenimento e l’accesso al cittadino del nostro patrimonio culturale, significa non supportare le iniziative di produzione della cultura (la musica, i film, la letteratura) e facendoli diventare settori di nicchia a beneficio di pochi. Il confronto con l’Europa, dove i musei sono spesso accessibili a prezzi ridotti o addirittura gratuiti, senza file interminabile e prenotazioni difficoltose e dove anche centri minori vengono valorizzati e conosciuti, è imbarazzante. Puntare sulla cultura significa anche e soprattutto creare spazio per una imprenditoria creativa, creare nuovi posti di lavoro per persone qualificate (ad esempio l’enorme serbatoio dei laureati in aree umanistiche) e rilanciare una crescita ecosostenibile che alimenta lo sviluppo del capitale sociale del paese.
Per questo proponiamo una riforma nella gestione dei beni culturale che preveda:
1) la promozione di una maggiore attività del Ministero dei Beni Culturali, affinché sia stanziato un piano annuale di finanziamenti pubblici volti non solo alla conservazione, ma alla valorizzazione del patrimonio (anche investendo su accessibilità e pubblicità)
2) di favorire l’inserimento di soggetti privati qualificati (come avvenuto già per il sito di Ercolano) nella gestione dei beni artistici e culturali, favorendo la nascita di imprese culturali in modo da aumentare la produttività e il rendimento dei nostri siti e allo stesso tempo rafforzare nei cittadini la coscienza che un bene culturale è un bene comune;
3) che la protezione dei nostri beni culturali e artistici passi soprattutto da un’azione integrata che rispetti non solo i siti culturali, ma anche il paesaggio e l’ambente nei quali sono immersi.
Per quanto riguarda le industrie della creatività, c’è bisogno di un rinnovamento che passa innanzitutto dall’educazione di tutti i cittadini all’arte (attraverso la lettura, la storia dell’arte, l’apprendimento del linguggio visivo, l’apprendimento dei fondamenti della musica). L’istruzione e formazione devono perciò fornire ai cittadini gli strumenti per apprezzare l’arte e essere una chiave per la fruizione dei beni artistici allargando cosi tra l’altro una domanda di prodotti culturali in grado di trasformare il comparto creatività in un volano dello sviluppo economico-sociale del paese. Per questo proponiamo:
1) la democratizzazione dell’accesso alla cultura: rendere più facile la fruizione di biblioteche e musei, sia attraverso un più facile criterio di accesso sia facendo uso delle nuove tecnologie con iniziative di digitalizzazione del nostro patrimonio;
2) una seria legge antitrust secondo la quale nessuno operatore economico, pubblico o privato, possa detenere più del 20% di un trust orizzontale o verticale di un mercato culturale (comprendendovi reti televisivi, radiodiffusione ed editoria);
3) favorire l’editoria pura le piccole imprese in campo musicale, puntando sulle piccole realtà indipendenti che investono sui nuovi talenti; ed eliminando le barriere d’accesso (per esempio con una politica di incentivi che permettano ai giovani di acquistare uno strumento musicale);
4) abbassamento dell‘iva sui prodotti musicali, letterari e artistici, livellandola al 4% per rilanciare i consumi culturali e l’industria creativa.
5) promulgazione di una legge-quadro nazionale sullo spettacolo, che stabilisca, nel rispetto dell’art. 117 un fondo nazionale per lo spettacolo, favorisca le piccole e medie imprese che lavorino nel settore e la creazione di nuove, tuteli i diritti di tutti i lavoratori nel mondo dello spettacolo e infine favorisca il ricambio generazionale;
6) introduzione e diffusione dell’utilizzo di licenze creative commons, che favoriscono la gratuita circolazione delle idee e della creatività.
La cultura può essera la leva di una rinascita sociale ed economica del nostro paese. Comnciamo a premerla!
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